Sorprendente come a volte i pregiudizi possano influenzare le idee, e vi prego non dite “chi, io?”…alzi la mano chi di voi immagina la blogosfera in Iran come qualcosa di clandestino, di opposizione al regime, o al massimo di fanatismo religioso. Ecco, anche io la immaginavo cosi.
Oggi però, dopo aver letto questo articolo di John Kelly, e Bruce Etling devo assolutamente ricredermi, dato che questi due autori hanno condotto uno studio basato su dati concreti, blog monitorati, studi linguistici effettuati da madrelingua iraniani, che parla di un’altra realtà.
Beninteso, i blog degli espatriati e dei contestatori del regime ci sono, e numerosi, ma c’è una vitalità inusitata, probabilmente collegata alla giovane età media della popolazione. Blog di poesia, religione, politica, attualità, di riformisti che linkano e dialogano con i conservatori, di anonimi che parlano con coraggiosi, di coraggiosi che parlano con il regime. Nonostante dunque una pervasiva censura l’ambiente è vivo, cresce e dimostra una profonda maturità sui temi e sull’entusismo nel blog.
La lezione è assolutamente chiara: non solo i blog possono essere una sorta di coscienza collttiva che può realmente stimolare un dialogo interno, ma la voglia di vivere degli iraniani è più forte di qualsiasi censura.
Mea culpa, mea culpa, mea magna culpa.
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